Perché l'Oltre Yoga

Figlio di professori di lettere, sono cresciuto in un ambiente in cui mi sono immediatamente appassionato alla mitologia, dapprima, e alla filosofia in seguito. Il racconto rimarrà nella mia vita un ambiente familiare e fondamentale nel mio percorso.

Mio padre è anche un insegnante di yoga e, all’età di otto anni, mi sono trovato “costretto” a seguirlo nelle sue lezioni (mio fratello e mia madre erano impegnati in altre attività, e io non volevo stare con la baby sitter).  

Ricordo ancora la noia e la fatica di quelle posizioni (asana) che pensavo essere più semplici. Avevo la possibilità di fare solo le posizioni che preferivo, ma il mio orgoglio mi impediva di tirarmi indietro. E poi dovevo in qualche modo guadagnarmi il rilassamento finale. 

E in quel momento la mia fantasia, guidata dalla voce di mio padre, poteva dar libero sfogo a quel mondo fatto di ricordi estivi, mare, supereroi, mitologia e qualsiasi cosa mi appassionasse per creare e perdermi nel mio mondo.


Il rilassamento finale è uno di quei momenti che normalmente, il neofita apprezza maggiormente. E questo perché lo yoga permette di vivere esperienze non consuete, come semplicemente stare ad occhi chiusi ma essere svegli. 

Se si è bambini, questo momento può essere accolto in modo ancor più colorito e fantasioso.

 

A volte a casa mi incantavo ripensando alle immagini che mi si proponevano sdraiato sul mio tappetino alla fine delle lezioni. Quando magicamente le parole si mescolano fra loro, le immagini diventano vivide e il collegamento col mondo reale si perde.

Questa sensazione si riproporrà e mi accompagnerà per tutta la vita, nonostante la mia esperienza giovanile con lo yoga sarebbe finita dopo pochi mesi. 


Dall’età di 22 anni ho un lavoro da impiegato che, tranne alcuni anni dedicati alla formazione del personale, mi ha portato stress, noia e sfiducia. 

Tutti questi fattori, come capita spesso, hanno acutizzato le mie paure e i miei difetti che, con la sedentarietà e l’ansia, si sono tradotti in cervicalgia, tendiniti, gastriti e tutte quelle patologie che sono diventate la normalità dell’uomo comune.

E all’interno di questa normalità la pratica dello yoga è diventata la panacea di tutti i mali. 

Mio padre e tante altre persone mi consigliavano di ritrovare l’antica disciplina indiana e, di conseguenza, l’armonia.


Ma proprio tutto ciò che era collegato alla pratica, con i suoi consigli di vita sana, di sorrisi a profusione e amore universale, entrava tremendamente in conflitto con i miei studi filosofici e le mie passioni: possibile che per star meglio devo abbandonare tutto ciò che mi appassiona? Esiste un modo per trovare quel centro di gravità permanente (come cantava Battiato) che mi permetta di diventare più forte e meno suscettibile agli eventi della vita? Un luogo sicuro ma in cui, allo stesso tempo, crescere e continuare a sondare i meandri più reconditi dell’esistenza?

O devo per forza amare il mondo, tatuarmi un fiore di loto e cantare in sanscrito cose di cui non conosco nulla?


Oltre ai sorrisi forzati, all'imposizione di pace e alla gioia universale (che ho imparato avere poco a che fare con l'autentica cultura yoghica ma solo con quella new age) c'è una pratica che deve portare a una comprensione e maggiore serenità, oltre al semplice atto estetico del fare yoga e sentirsi in armonia con l’universo (che non è fatto di sola armonia). 


Poco convinto, a poco più di trentatre anni, ho ricominciato a far yoga.

Notai immediatamente che finalmente anch’io avevo un appuntamento settimanale che aspettavo con trepidazione. E non importava se l’insegnante pareva saperne davvero poco e se durante le lezioni soleva interrogarci sulla vita quotidiana con argomenti da bar, perchè la domenica sera, Daniele Rublev Elmo non pensava più all’ansia del lavoro del lunedì mattina, ma alla pratica dello yoga delle 18:15.

E questo per circa tre anni. Anche se sinceramente l’effetto, dopo poco, è calato e il fastidio per l’insegnante diventava sempre più preponderante. Ma l’abitudine, la vicinanza del luogo delle lezioni, la pigrizia e il pensare che “tanto è così ovunque”, mi hanno portato stancamente ad andare avanti.

Avevo però ricominciato a leggere testi riguardanti lo yoga ma anche lo zen e la meditazione, e poi la mitologia indiana che non conoscevo e che fu una sorpresa. Iniziai a notare i punti d’incontro e le affinità con la cultura e il pensiero filosofico occidentale.


Un giorno, un’amica scrittrice e indologa mi consigliò di seguire il corso triennale presso la scuola in cui insegnava lei. Mi parlava dell’opportunità di conoscere l’insegnante di cultura e filosofia indiana - che è uno degli indologi più famosi al mondo. Mi dava ragione nel veder lo yoga svilito dalla cultura new age e mi diceva che non importava se fisicamente non fossi così flessibile e perfetto nell’eseguire ogni asana, perchè non è importante per un buon insegnante di yoga.


Così fu che, nei successivi tre anni, mi dedicai allo studio con passione e dedizione. Cercando di fare il buon allievo. Mettendo da parte le mie teorie che vedevano la visione di Nietzsche e il suo superuomo (oltreuomo) e le teorie di Hillman, come esempi calzanti dell’occidente e dell’oriente che si incontrano - senza forzature e finzioni. 

Nel 2019 mi sono diplomato come Insegnante di yoga presso la Isyco (Istituto per lo yoga e culture orientali) acquisendo in seguito la qualifica Csen (ente affiliato al Coni).


Una delle scoperte più importanti che mi ha donato la pratica e il suo insegnamento è stato scoprire che quel pensiero nichilistico che spesso mi opprimeva “Ovunque andrai ti porterai quest’ansia e queste paranoie perchè non dipendono dal tuo lavoro ma da te”, con lo yoga si scioglieva come neve al sole. E che l’unico impegno richiesto al praticante è la costanza, senza la necessità di stravolgere la propria esistenza o identificarsi con un pensiero, ma imparare a seguire il proprio percorso e la propria vocazione, oltre i clichè, oltre i limiti che ci auto imponiamo, oltre le scuse di cui ci intossichiamo, oltre l’uomo (Zarathustra - Nietzsche), e così è nato l’Oltre Yoga.


Portare la pratica a trasformarsi in disciplina, e imparare a utilizzare quello strumento che ci aiuta a trovare un luogo che, quando serve, ci terrà al riparo dalle tempeste e, con questo conforto, imparare a tenere il mare senza naufragare ogni volta.


L’intento dell’Oltre Yoga è portare l’allievo a conoscere il modo più affine alle sue necessità per trovare efficacia e serenità nel quotidiano.

Per far ciò dobbiamo passare attraverso il corpo perchè nello yoga, i concetti devono passare attraverso la pratica fisica e infine “cullati e metabolizzati” durante il rilassamento. 

Gli strumenti sono il controllo della postura e l’attenzione al respiro, il fine è la comprensione e poi il raggiungimento dello stato meditativo.

Di questo percorso parleremo nel prossimo appuntamento.




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